sabato 30 marzo 2013

E' giunto il momento di fermare la manipolazione dei tibetani



Huang Jin, Chen Lidan

E' giunto il momento di fermare la manipolazione dei tibetani28 marzo 2013, Xinhua

Per il 14esimo Dalai Lama e i suoi seguaci, il tentativo più insensato, disumano di costringere il governo cinese al compromesso attraverso la manipolazione dei loro compagni tibetani.

La cospirazione è stata dichiarata mercoledì da una rappresentativa del Dalai Lama, dopo mesi di apatia di fronte alla valanga di autoimmolazioni che hanno ucciso o ferito dozzine di tibetani negli ultimi due anni.

Lobsang Nyandak, il rappresentante del Dalai Lama presso gli americani, ha sostenuto che, le autoimmolazioni erano mirate a obbligare le autorità cinesi a coinvolgere "i rappresentanti di Sua Santità in modo molto positivo".

Non ha chiarito cosa significasse il "modo positivo", ne quali risultati si attendesse.

Il suo discorso, riguardante "l'indipendenza del Tibet" tenuto a Washington mercoledì, era pieno di cliches e del solito gergo che accusa il governo cinese di "repressione" in Tibet, richiamando l'attenzione internazionale a prodigare la questione tibetana, come il Dalai Lama ha fatto in ogni occasione possibile.

Come se dovesse istigare molti altri suicidi, Lobsang Nyandak ha detto che "la maggioranza del popolo tibetano in Tibet e all'estero ha grande ammirazione, rispetto per gli autoimmolatori".

Non possiamo dire come un uomo fuori dalla Cina e dal Tibet sia capace di giudicare l'atteggiamento tibetano con certezza, ma le sue parole mostrano altre prove che gli autoimmolatori sono stati presumibilmente manipolati a "grande impresa", con la promessa da favola di una "terra indipendente".

La nostra compassione va a quegli innocenti tibetani che sono stati usati, morti nella completa agonia, completamente ignoranti degli affari sporchi e delle lotte crudeli per il potere che li hanno portati alla morte.

Il Dalai Lama e i suoi seguaci che, secondo quanto si dice, avrebbero desiderato in Tibet la "libertà e la felicità", non hanno mai abbandonato la loro pretesa di "indipendenza" e hanno fatto ogni tentativo per separare la Regione Autonoma e le altre comunità tibetane in Cina.

Con queste motivazioni in mente, non hanno mai esitato a sacrificare gli interessi e le stesse vite dei loro compagni tibetani.

Dal 2009, più di 100 tibetani sono stati convinti a darsi fuoco.

Ma il Dalai Lama e i suoi seguaci non hanno avuto pietà per i morti e i feriti.

Lo scorso anno, in una di queste occasioni, alla domanda di un giornalista che chiedeva se i monaci dovessero interrompere le autoimmolazioni, il Dalai Lama ha risposto bruscamente dicendo di non voler dare "Nessuna risposta".

Anzichè denunciare e chiedere la fine degli atti suicidi che deviano dai principi del Buddismo, il Dalai Lama ha ripetutamente elogiato il "coraggio" degli autoimmolatori.

I suoi atti non sono soprendenti. Durante il regno del Dalai Lama nel vecchioTibet, la vita dei tibetani ordinari era poco considerata o comunque senza alcun valore.

Secondo quanto si dice, da quando lasciò la Cina nel 1959, il monaco ha lottato per i diritti e gli interessi dei tibetani. Queste affermazioni, comunque, hanno solo lo scopo di placare i buddisti tibetani devoti che ancora credono in lui e per persuadere i suoi protettori occidentali ad appoggiare il suo movimento di "indipendenza del Tibet", che ha l'obiettivo di separare il Tibet dalla Cina.

Il monaco e i suoi seguaci in esilio, in gran parte ex aristocratici, sognano ancora di restaurare il vecchio ordine politico e sociale del Tibet, un'oscura, medievale società caratterizzata dalla teocrazia.

Il vecchio Tibet era un paradiso per le classi dominanti, ma un inferno per la gente comune. Le pretese dei separatisti sono contro il corso della storia e corso la volontà del popolo tibetano.

Giovedì segna il 54esimo anniversario dell'emancipazione dei servi tibetani. E' anche chiamato la quinta "Giornata di Emancipazione dei Servi", un'evento celebrato nella regione dell'altopiano.

Il 28 marzo fu scelto nel 2009 per commemorare le riforme democratiche del Tibet del 1959, che misero fine al feudalesimo e liberarono un milione di servi Tibetani, il 90% della popolazione della regione.

Alcuni ex schiavi sono vivi ancora oggi.

Nyima è una di questi. A 73 anni, ha una buona aspettativa di salute eccetto il dolore costante alle sue gambe. Questo problema, ha detto, è il risultato dei reumatismi inflitti quando era forzata a lavorare per molte ore per i padroni di servi della gleba, al freddo pungente e senza cibo adeguato.

I tibetani qualunque come Nyma, sono ancora inseguiti dagli incubi della loro infanzia.

E' giunta l'ora che il Dalai Lama e i suoi seguaci smettano di manipolare i tibetani, dato che le loro pretese separatiste sono contro il volere di questo popolo.

Traduzione dall'inglese di Andrea Parti

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