martedì 26 marzo 2013

Il Dalai Lama non potrà mai riprendere il potere nel vecchio Tibet



Il Dalai Lama non potrà mai riprendere il potere nel vecchio Tibet

Mirenda Wu (China Tibet Online), 20 marzo 2013

Il Dalai Lama ha espresso una volta la sua ragione di voler ripristinare "lo status libero e indipendente del Tibet" prima del 1959, quando la società feudale era sotto la servitù della gleba e il sistema teocratico.

Com'era il vecchio Tibet? Analizziamo alcuni interventi.

Il giornalista britannico Edmond Candler che entrò in Tibet 50 anni fa con gli invasori lo descrisse così: "A giudicare dal sistema di governo, religione o dal violento significato spirituale delle punizioni basato sul fuoco e sull'olio bollente, il popolo (tibetano) vive ancora in un'epoca medievale. Selvagge forme di tortura possono essere viste in ogni aspetto della vita quotidiana. Ho il coraggio di dire che l'oscurantismo qui, che va marcatamente contro la scienza, è certamente senza precedenti nella storia mondiale".

Il decimo Panchen Lama una volta dichiarò che:"La servitù della gleba nel vecchio Tibet fu più crudele e oscura che nell'Europa medievale".

Come è noto a tutti, in Tibet, prima del 1959 monaci di alto rango, aristocratici e nobili erano le classi superiori che dominavano la società; una società oscura e brutale in un mondo non civilizzato.

A quale "libertà tipica" il Dalai Lama vuole riferirsi? Quella delle classi superiori o degli ex servi della gleba?

Riesaminiamo il vecchio Tibet.

Politicamente, il Dalai Lama e i tre possidenti godevano della "libertà tipica", mentre la massa di servi e schiavi era classificata come la classe più bassa ai margini della società e senza alcun diritto politico. Il tibetologo americano Tom Grundfeld una volta disse: "Non ci sono prove per dimostrare che il Tibet fosse una società utopistica". Ad ogni modo, c'era invece abbondanza di fatti per dimostrare che il Tibet era una società crudele, feudale e schiavistica. Una quantità enorme di fatti storici, riportate da molti tibetologi come anche l'esperienza dei discendenti dei servi possono provare che il vecchio Tibet era un sistema feudale".

Le classi erano chiaramente stratificate nel vecchio Tibet: le classi al vertice erano i lama, a cui seguiva la nobiltà e i funzionari laici, mentre i servi e gli schiavi che costituivano il 95% della totale popolazione erano il rango più basso. Il governo locale o "Gaxag", la nobilità e i monasteri erano conosciuti come "i tre possidenti" che detenevano il potere. I servi e gli schiavi non erano eleggibili per nessuna questione politica.

E' chiaro che la "libertà tipica" a cui fa riferimento il Dalai Lama era quella di cui godevano i tre possidenti.

La cosidetta "libertà tipica" è solo un mantello per nascondere le malvage intenzioni del Dalai Lama, per cercare di distruggere lo stabile ordine sociale, realizzando il suo schema di "indipendenza del Tibet", riassumendo pieni poteri attraverso la servitù della gleba.

Esperti tibetani hanno sottolineato i profondi cambiamenti sociali che hanno avuto luogo in Tibet, indicando che le politiche cinesi nella regione sono state effettive e reali. Non ci sono ragioni per ripristinare il sistema, brutale e fuori dal tempo, del vecchio Tibet.

Non importa che l'aspettativa media di vita nella regioni si sia alzata dalla media di 35 anni e mezzo del 1951, quando la regione fu liberata, all'attuale di 67; o che la maggioranza dei tibetani abbia visto migliorare la propria vita anno dopo anno. Non importa che la città di Lhasa abbia avuto per la prima volta la costruzione di un sistema idrico; non importa che per la prima volta i tibetani abbiano inaugurato la loro prima autostrada. Quello che conta per queste persone è che la verità dell'attuale Tibet sia nascosta al mondo, così che la loro coltivata nostalgia per il passato non cada di fronte all'attuale realtà.

Quindi, il Dalai Lama e il cosiddetto "governo in esilio" non potranno mai avere l'appoggio del popolo tibetano, perchè la maggioranza di questa cricca era composta da crudeli, potenti schiavisti e lama che privarono la gente dei loro diritti e della loro felicità.

Una prova convincente è che possiamo ancora vedere le foto del Presidente Mao in molte case tibetane, mostrando la loro gratitudine a quello che li ha liberati dalla schiavitù, portandogli la libertà.

Possiamo dire che se il Dalai Lama e il suo "governo in esilio" vogliono avere successi nel loro sentiero separatista, dovrebbero riporre le loro speranza sul popolo cinese. Ad ogni modo, come potranno cambiare la volontà di salvaguardare la sovranità cinese sul Tibet?

Traduzione dall'inglese di Andrea Parti




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