Storia di un potenziale autoimmolatore
Zhang Hao
Nota: Un comune giovane tibetano, un
giovane lama praticante il buddismo, che si è quasi dato fuoco, è
stato abbandonato dai suoi istigatori. Che ruolo gioca il "governo
tibetano in esilio" in questa causa? Che bugie e che verità
sono nascoste dietro le fiamme? Oggi, Cina Tibet Online pubblicherà
la storia di un giovane buddista, un potenziale autoimmolatore.
Sono stato
costretto dal "governo tibetano in esilio"
Nell'occasione del cinquantesimo anniversario della pacifica liberazione del Tibet nel maggio del 2001, fu riportato dai media un tentativo di autoimmolazione messo in atto da Gyatso e incitato dalla cricca del Dalai Lama.
Nell'occasione del cinquantesimo anniversario della pacifica liberazione del Tibet nel maggio del 2001, fu riportato dai media un tentativo di autoimmolazione messo in atto da Gyatso e incitato dalla cricca del Dalai Lama.
Mettendo in atto le istruzioni del Dalai Lama e dei suoi seguaci, fu ordinato al giovane di darsi fuoco nella piazza del tempio di Jokhang a Lhasa mentre Thubten, il suo "assistente" doveva fotografare la scena e mandare la registrazione ai media stranieri.
Ma, a causa di una fuga di notizie, Gyatso e Thubten furono catturati e incarcerati dalla polizia, sancendo il fallimento dell'autoimmolazione.
Gyatso è un
"eroico combattente per l'indipendenza" o soltanto uno
strumento politico nelle mani del Dalai Lama? Che ruolo ha Gyatso
nell'imprevedibile macchinazione?
Dobbiamo rilevare
che, una volta che l'episodio dell'autoimmolazione è venuto alla
luce, il governo tibetano in esilio, istigatore della vicenda, ha
immediatamente pubblicato un articolo del suo "portavoce"
sul suo sito ufficiale chiarendo la "verità". Ha
immediatamente negato di aver incitato persone ad autoimmolarsi e ha
indicato che questa pratica è contraria alla disciplina buddista.
Quando questa
dichiarazione è stata rilasciata sul sito, Gyatso non ha potuto
credere che, il "Dusum Legong" (o il dipartimento per la
sicurezza del "governo tibetano in esilio") che lo ha
condotto passo dopo passo nel campo dell'autoimmolazione, lo avesse
abbandonato.
"Sono
dispiaciuto che mi abbiano abbandonato. Non possono negare. Come
possono dire che non avevano niente a che fare con me?" ha detto
Gyatso con rabbia, sottolinendo di voler raccontare la sua storia per
informare la gente.
Non si torna
indietro
Nato nella
provincia del Qinghai nel nordovest della Cina, Gyatso, il cui nome
laico è Rigzin, non pensò mai di intraprendere un sentiero senza
ritorno quando lasciò la casa all'età di 19 anni e diventò un
monaco nel monastero di Tsangar, nella circoscrizione di Tongde,
nella prefettura autonoma tibetana di Hainan della provincia di
Qinghai. Da allora, ha sempre sognato di essere un monaco colto e
rispettabile, grazie al duro lavoro.
I dodici anni passati nel monastero di Tsangar sono stati gli anni più felici della vita di Gyatso. Imparando dai maestri, chiaccherando con i suoi amici monaci e occasionalmente andando a casa a trovare la sua famiglia. Gyatso non aveva problemi a quei tempi.
I dodici anni passati nel monastero di Tsangar sono stati gli anni più felici della vita di Gyatso. Imparando dai maestri, chiaccherando con i suoi amici monaci e occasionalmente andando a casa a trovare la sua famiglia. Gyatso non aveva problemi a quei tempi.
La quieta vita nel
monastero di Tsangar lo tagliò fuori dalla noia del mondo esterno. A
quei tempi la sua idea e il suo obiettivo erano imparare bene le
scritture e migliorare in modo ulteriore la sua conoscenza. Amava la
vita lì e considerava il monastero come la sua casa.
Ma la vita cambiò
immediatamente quando Gyatso ricevette lettere dai suoi concittadini
o amici monaci che erano stati in India. In queste lettere si
vantavano sempre di che vita stupenda stavano vivendo in India, la
più importante di queste diceva che laggiù "potevano imparare
molte cose ed aumentare il grado di conoscenza".
Con il sogno di
diventare un "monaco colto e rispettabile", Gyatso andò
finalmente nel cosiddetto "Grande Mondo"-Dharamshala, una
piccola stazione collinare nell'Himachal Pradesh in India, dove si
trovava anche il quartier generale del "governo tibetano in
esilio".
Avendo sempre
sognato di andare all'estero per migliorare ulteriormente gli studi e
immergersi nella compassione buddista, Gyatso non avrebbe mai potuto
pensare che non avrebbe imparato niente riguardo la vera essenza del
buddismo ma che avrebbe invece rischiato di perdere la propria vita.
Dharamshala non è
una perfetta Arcadia ma un abisso, dove le sacre scritture erano
rimpiazzate dai "lavori" del Dalai Lama a sostegno
dell'"indipendenza del tibet" e finzioni cinematografiche
incitanti all'autoimmolazione sostituivano le predicazioni buddiste.
Come molti giovani monaci che andarono laggiù, Gyatso perse
gradualmente se stesso attraverso il forte impatto della propaganda e
del lavaggio del cervello.
A Dharamshala,
prese parte per tre volte a scioperi della fame volte incitando al
"governo tibetano in esilio", la terza volta gli fu
affidato un compito importante. "L'eroe raro" doveva "fare
qualcosa di grande".
Il "governo
tibetano in esilio" elaborò i progetti di autoimmolazione per
Gyatso, ma i primi due tentativi fallirono a causa delle rigide
precauzioni della polizia indiana e di una visita di leader
statunitensi.
Gyatso era
determinato a portare a termine la "grande causa" e non
voleva essere ridicolizzato per il suo fallimento. Finalmente, ebbe
un'altra possibilità. Fu mandato a Lhasa a commettere
l'autoimmolazione nella piazza del tempio di Jokhang per la "causa
indipendentista".
Dalla prima volta
dove acquisì la "passione" per le autoimmolazioni, alla
seconda volta dove si sentì ingannato, alla terza dove torno in
Tibet per autoimmolarsi, Gyatso intraprese, senza possibilità di
scegliere, un percorso senza ritorno.
http://english.cntv.cn/20121227/102617.shtml
Come diventai un fanatico
Ancora oggi,
l'autoimmolazione nella piazza del tempio di Jokhang a Lhasa per
Gyatso il potenziale suicida, è l'ultima cosa di cui vorrebbe
parlare.
Come diventai un fanatico
"Ogni volta
che penso alla scena dell'autoimmolazione, sento sempre il mio cuore
bruciare, come anche il mio corpo avvolto dalle fiamme con eccezione
della mia testa. Provo uno sforzo doloroso e non posso ne vivere ne
morire" ha detto Gyatso.
La storia del
giovane lama che una volta sognava di "sacrificare se stesso
alla religione", lascia solo dubbi, shock e profonda commozione
nella mente delle persone.
Come studioso a
tempo pieno delle sacre scritture buddiste, un giovane pieno di
speranza venuto da un remoto villaggio e figlio di un onesto
mandriano, Gyatso non si perse mai in cose triviali, e provò sempre
a volare via dalla sua città per raggiungere una grande causa e
diventare importante.
Questa è la vera
riflessione di Gyatso prima che il suo fato cambiasse repentinamente.
Ma a Dharamsala,
dov'era anche il quartier generale del "governo tibetano in
esilio", Gyatso, il giovane uomo con un cuore puro fu in
trappola. Era perso nella falsa aura creata dalla cricca del Dalai
Lama, e dette se stesso per un'illusoria "medaglia da
combattente indipentente".
Così, Gyatso fu
coinvolto nel mulinello politico, forzato da animi contorti ad uno
stato di ignoranza. Fu trasformato in un estremista che sceglie il
suicidio come più grande gioia.
Comunque, il
giovane non sapeva di essere già stato abbandonato e buttato fuori
dal tavolo della cricca del Dalai Lama.
In un'intervista,
Gyatso disse che c'erano e ci sarebbero stati molti altri giovani
impulsivi come lui che avrebbero potuto seguire il percorso
dell'autoimmolazione se la cricca del Dalai Lama avesse continuato
ancora a propagandare "l'indipendenza tibetana" attraverso
tutti i tipi di mezzi di propaganda.
Sfortunatamente,
quello che Gyatso aveva annunciato si è avverato oggi. Uno dopo
l'altro, giovani si sono dati fuoco e hanno perso la loro vita sotto
l'istigazione della cricca del Dalai Lama.
Confuso dal
mentire
Una figura magra,
pelle scura, i tratti del viso regolari con sopracciglia prominenti,
Gyatso è l'immagine di un ordinario nomade che vive nel Tibet
settentrionale. E' difficile collegarlo ad un autoimmolatore.
Nato in una
famiglia di mandriani nella provincia di Qinghai, Gyatso, il cui nome
laico è Rizgin inizia la sua vita da monaco all'età di 19 anni nel
monastero di Tsangar, nella prefettura della regione autonoma
tibetana di Hainan.
Rispettando Budda
fin dall'infanzia, Gyatso è sempre stato interessato allo "Tsema"
del buddismo così come è stato disposto ad impararlo. Dopo aver
sentito che in India un numero maggiore di monaci facevano ricerca
sullo "Tsema" rispetto alla Cina, Gyatso decise di
andarsene a Dharamsala ignorando l'opposizione della famiglia.
Cresciuto
nell'isolata città natale, Gyatso non sapeva quali formalità erano
necessarie per andare all'estero e, dunque, pagò per essere
"aiutato".
Così, dopo aver
pagato la tassa, Gyatso fu messo in una casa vicino al monastero Sera
di Lhasa insieme a decine di uomini che volevano andare all'estero
attraverso Laben, l'uomo che li fece entrare clandestinamente in
India nel gennaio del 1999.
Alcuni dei
clandestini erano adolescenti, che venivano da famiglie povere. I
loro parenti presero in prestito denaro per mandarli all'estero,
perchè gli era stato detto che in India la vita sarebbe stata molto
migliore che in Tibet.
Molti di loro
scappavano a Dharamsala perchè non potevano restare a casa per gli
scarsi risultati scolastici o altri motivi.
Guardando tremare
quei ragazzi nella fredda stagione, Gyatso sapeva che alcuni di loro
non avrebbero mai più visto la loro famiglia.
In quel momento,
non poteva evitare di smettere di pensare a suo padre, quello che
poteva fare era pregare per lui in silenzio.
Sotto l'istruzione
di Laben, Gyatso e gli altri clandestini attraversarono furtivamente
il confine ed entrarono in Nepal. Il giovane lama era troppo
spaventato per sapere come avrebbe attraversato il ponte che collega
Cina e Nepal.
Dopo aver
attraversato la frontiera, la prima fermata dei clandestini era
"l'ambasciata del "governo tibetano in esilio", un
edificio di tre piani a forma di gradini a Katmandu, la capitale del
Nepal.
Laggiù, Gyatso e
gli altri clandestini furono portati in stanze separate per
rispondere ad alcune domande.
Dopo aver spiegato
la sua condizione familiare e le ragioni per cui era emigrato in
Nepal, a Gyatso furono chieste alcune domande "connotative".
Gli fu chiesto di
come fosse orribile la vita in Cina e di elencare alcuni esempi di
come gli "Han opprimessero i Tibetani".
Gyatso era confuso
perchè non gli era mai capitato nella sua città natale. Non sapeva
cosa doveva fare e rispose soltanto che non lo sapeva.
http://english.cntv.cn/20130125/102741.shtml
"Il popolo Han ha invaso il Tibet"
"Il popolo Han ha invaso il Tibet"
Dopo aver passato
pochi giorni in Nepal, Gyatso e altri clandestini furono portati a
Dharamsala, la destinazione finale.
Gyatso era
scioccato dalla scena che vide quando mise piede a Dharamsala, dove i
moderni palazzi residenziali, hotel e negozi sono mischiati insieme a
bassifondi sporchi e fienili aperti.
La città composita
che univa condizioni moderne e atmosfere fuori moda sembrava lontana
dalla terra pura dove imparare il buddismo che Gyatso immaginava.
A Dharamsala, il
primo passo per i clandestini era "l'ambasciata del governo
tibetano in esilio in India", dove gli fu richiesto di parlare
con un vecchio uomo.
La discussione non
fu niente di nuovo ma sottolineava ripetutamente come "il popolo
Han abbia invaso il Tibet", che confuse Gyatso che pensava che
non avesse niente a che fare con lui.
Nella visione di
Gyatso, l'unica ragione per cui era andato a Dharamsala era per
imparare il buddismo, e sentire che "il popolo Han ha invaso il
Tibet" lo fece annoiare. Tuttavia, questo tipo di discussioni, a
cui hanno partecipato anche giornalisti stranieri, avvenivano ogni
giorno.
All'inizio, le
persone erano molto interessate alle esperienze di Gyatso e gli
fecero un sacco di domande su Lhasa, sul popolo Han e sul governo
tibetano. Ma si limitò a dire cose che non erano ritenute
interessanti.
A Dharamsala, era
molto difficile vedere il Dalai Lama, il cosidetto leader spirituale
del "governo tibetano in esilio". A Gyatso fu detto che
"sua santità" viaggiava sempre da un paese all'altro, ma
era deluso da questo perchè non poteva capire il motivo dei suoi
continui spostamenti.
Dopo, il giovane
seppe che non era facile vedere il Dalai Lama anche se era a
Dharamsala, chi voleva farlo doveva rispondere a molte domande e
doveva essere controllato e perquisito.
Essere sospetti
ed emarginati
Non molto tempo
dopo l'arrivo il suo arrivo a Dharamsala, Gyatso ebbe la strana
sensazione di sentirsi spiato.
Una volta, Gyatso
voleva fare una foto vicino ai giardini dell'"ambasciata del
governo tibetano in esilio in India". Appena si misero in posa,
un uomo uscì dal palazzo e li guardò con sguardo sospettoso.
La gente a
Dharamsala era diversa da quella dei suoi concittadini in Tibet.
Molti giovani tibetani spesso giravano in abiti alla moda nei loro
quartieri residenziali, nessuno di questi lavorava o studiava
buddismo. L'unica cosa che facevano ogni giorno era oziare nelle sale
da tè.
Non parlavano
tibetano, e probabilmente non sapevano parlare bene inglese. Quindi,
parlavano tibetano misto ad alcuni termini inglesi, ciò mise Gyatso
a disagio. Alcune persone erano anche dipendenti da droghe.
Nella mente di
Gyatso, la vita laggiù era lontana dalla quiete e dalla semplicità
di casa che aveva conosciuto, senza preoccupazioni, studiando il
buddismo al monastero di Tsangar.
I nuovi venuti come
lui, si sentivano diversi, diventavano profondamente indifesi,
"emarginati".
Come Gyatso, molti
"emarginati" erano arrivati lì inseguendo il sogno
religioso. Venivano nella città sul confine indiano trascinati dalla
venerazione del buddismo e col desiderio di ottenere le più alte
conquiste.
Tuttavia, questi
ragazzi intrapresero percorsi diversi dopo che i loro illusori sogni
religiosi furono interrotti dalla realtà.
Secondo le indagini
in India divulgate dal Congresso americano, dal 1986, molti tibetani
all'estero sono tornati in Cina. D'altro canto, erano ostili alla
propaganda lanciata dalla cricca del Dalai Lama; inoltre non erano
capaci di mantenere una vita di base nei paesi stranieri.
Ma altri come
Gyatso erano troppo giovani per fare una distinzione tra giusto e
sbagliato, e la saggezza datagli da Buddha era insufficiente per
distinguere il bianco dal nero. Per questo, intraprese un percorso
privo di umanità, il sentiero dell'autoimmolazione.
Sfortunatamente,
Dharamsahala, la piccola città nell'Himachal Pradesh, quartier
generale del "governo tibetano in esilio", non era il
paradiso sognato da Gyatso, ma un "tumore" che diventava
sempre più maligno.
Diventai uno
scioperante della fame professionista
Non molto dopo il
suo arrivo in India, Gyatso divenne monaco in un monastero locale.
Un giorno, vide
qualcuno distribuire volantini su cui era scritto che lo sciopero per
la fame per "l'indipendenza del tibetana" sarebbe iniziato
nel gennaio 2000, a Delhi; chiunque fosse stato interessato avrebbe
potuto parteciparvi dopo aver firmato un "giuramento".
Molti dal monastero andarono a Delhi e videro il "grande mondo"
gratis. Tutti seguirono l'esempio e firmarono il giuramento, Gyatso
non fù l'eccezione.
A quel tempo,
"sciopero della fame" era una nuova parola per Gyatso;
imparò in seguito da un maestro del sutra che significa protestare
senza mangiare niente per esprimere le proprie attitudini
determinate. Un maestro del sutra vissuto a lungo in India non era
d'accordo che Gyatso prendesse parte alla protesta, ma era riluttante
di spiegargli le ragioni. Il giovane Gyatso, che era nel periodo
ribelle dell'adolescenza, litigò con il maestro e decise infine di
andare a Delhi.
Dopo l'arrivo a
Delhi, Gyatso fu ricevuto da un uomo chiamato Lhamo Ja, che scappò
in India per alcuni comportamenti illegali.
Secondo i relativi
materiali accertati in seguito, Lhamo Ja, nato nella circoscrizione
di Tongren, prefettura autonoma tibetana di Huangnan, fu un
insegnante in una scuola di legge nel nordovest della provincia
cinese del Qinghai.
Nel 1993, fu
coinvolto in un procedimento penale e fuggì in India. In seguito
Lhamo Ja diventò membro della cricca del Dalai Lama, e si impegnò
in attività separatiste.
L'ufficio degli
"scioperanti della fame" era in un edificio di due piani di
una scuola locale. Gyatso non aveva mai pensato di essere l'unico
partecipante, pensava invece che ci fossero molte persone coinvolte.
Dopo aver compilato
un modulo e aver ricevuto una tenda e un tappeto provvisti
dall'organizzatore delle manifestazioni, Gyatso partecipò ad uno
sciopero della fame di 72 ore.
Il giovane lama ricorda di aver partecipato a tre scioperi della fame, solo la prima volta come volontario. Per "volontario" si intende senza ricompensa economica.
La seconda e la terza volta fu pagato per rimpiazzare altri
partecipanti.
Subito
dopo il primo sciopero della fame, Lhamo Ja si precipitò a cercare
Gyatso e gli disse che doveva prendere parte al secondo sciopero
perchè non c'erano abbastastanza persone disposte a partecipare.
Successivamente, Gyatso ricevette 500 rupie nepalesi. La terza volta,
accadde lo stesso. Allora il ragazzo capì che la maggior parte degli
scioperanti era pagato.
Durante il secondo sciopero della fame, uno dei manifestanti gli disse che poteva mangiare qualcosa in segreto se non era in grado di resistere alla fame, disse anche che gli organizzatori erano favorevoli a questa pratica perchè gli avrebbe permesso di manifestare più a lungo. Gyatso era sorpreso e mangiò un pezzo di carne senza farsi vedere.
Durante il secondo sciopero della fame, uno dei manifestanti gli disse che poteva mangiare qualcosa in segreto se non era in grado di resistere alla fame, disse anche che gli organizzatori erano favorevoli a questa pratica perchè gli avrebbe permesso di manifestare più a lungo. Gyatso era sorpreso e mangiò un pezzo di carne senza farsi vedere.
Il terzo sciopero
della fame fu tenuto davanti alla tomba di Gandhi, gli avevano detto
che lì molte più persone avrebbero potuto vedere la protesta.
Gyatso era diventato abbastanza bravo e riuscì a mangiare una banana
senza farsi vedere.
Poi, capì
chiaramente che gli scioperi della fame erano un'azione fatta per
essere mostrata agli estranei. Per questo erano pagati e avevano il
permesso di mangiare.
Nella mente di
Gyatso, questa attività era una specie di truffa. Comunque non
rifiutò il compito anche se per lui costituiva un guadagno illecito.
In seguito,
lesse sui giornali locali articoli relativi ai tre scioperi della
fame che sostenevano che il numero di partecipanti aveva superato 600
persone. Avendo preso parte lui stesso alle manifestazioni, Gyatso
sapeva chiaramente che partecipavano in meno di dieci persone alla
volta.
E' cosa nota che,
oltre ad instigare all'autoimmolazione e a manifestazioni di
protesta, lo sciopero della fame è uno delle molti metodi del
cosiddetto "governo tibetano in esilio" di accaparrarsi
l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale e pubblicizzare
"la questione tibetana".
Tutte le speciali
organizzazioni per "l'indipendenza del Tibet" sono
responsabili di organizzare agitatori professionisti, attraverso cui
possono abusare della compassione del mondo che non è a conoscenza
della verità, così da influenzarne l'opinione pubblica.
L'esperienza di
Gyatso è solo uno dei tanti casi.
Questi tre scioperi
della fame lo portarono ad abbracciare il punto di vista del
"governo tibetano in esilio", trasformandolo nella "preda"
che stavano cercando da molto tempo e senza risultati.
Il giovane e
ignorante monaco Gyatso fu messo nelle liste dei "potenziali
autoimmolatori". Dietro di lui, qualcuno stava ordendo una
grande cospirazione coperta nell'ombra. Cosa lo convinse a
seguirla? E come fu incitato a seguire il percorso
dell'autoimmolazione? Perchè fallì le prime volte?
http://english.cntv.cn/20130122/102771.shtml
Autoimmolazione rimandata a causa degli americani
Autoimmolazione rimandata a causa degli americani
Dopo aver
partecipato a tre scioperi della fame a pagamento, Gyatso si avvicinò
alla "Federazione Sanqu", un organizzazione che sostiene
molte attività per "l'indipendenza del Tibet". Poco dopo,
un membro di questa organizzazione cominciò ad incitarlo a
commettere l'autoimmolazione.
"Hai
partecipato a tre scioperi della fame, non sei una persona comune.
C'era un uomo che si dette fuoco, causando grande scalpore in tutto
il mondo. Ora, dovremmo avviare qualcosa di simile per attirare
l'attenzione del mondo. Tutti quelli che si danno fuoco diventano
eroi immortali. Avresti il coraggio di autoimmolarti davanti
all'ambasciata cinese in India?" Chiese Lhamo Ja a Gyatso.
Per persuadere il
giovane, Lhamo Ja tenne uno speciale incontro, a cui fece partecipare
molti membri della "Federazione Sanqu". Lhamo Ja disse a
Gyatso: "Se dai la tua vita, il governo in esilio, il Dalai Lama
e tutti i tibetani saranno fieri di te! Non avrai niente da
rimpiangere se capisci che è un atto glorioso. E mi occuperò io
stesso dei piani per te".
A quei tempi,
Gyatso aveva una una bruttissima visione del popolo Han e del governo
centrale cinese a causa del lavaggio del cervello fatto grazie ai
numerosi video e libri di propaganda del Dalai Lama. In più, con
l'istigazione di Lhamo Ja davanti a molte persone, Gyatso si agitò e
decise di sacrificare se stesso per "la causa tibetana".
Questo, ha
ricordato più tardi Gyatso, era il modo in cui i sostenitori
dell'"indipendenza del Tibet" incitavano i semplici nuovi
venuti. Dopo che si era vantato di poter commettere
l'autoimmolazione, non poteva più tornare indietro.
Pochi giorni dopo
questo incontro, Lhamo Ja disse a Gyatso di autoimmolarsi il 10 di
marzo; una data scelta con attenzione. Il 10 marzo è il cosiddetto
"giorno della rivolta del Tibet", ogni anno in questa
ricorrenza vengono lanciate molte attività anticinesi e arrivano
molti giornalisti esteri. Il Dalai Lama avrebbe anche tenuto un
discorso.
Pertanto,
autoimmolarsi quel giorno avrebbe significato dare una grande
influenza alla "questione tibetana" e il "governo in
esilio" sarebbe stato soddisfatto.
Prima
dell'autoimmolazione, Lhamo Ja e altre persone registrarono un video
di Gyatso, che sarebbe stato spedito alle Nazioni Unite.
Comunque, il
giovane, il protagonista dell'autoimmolazione non aveva assolutamente
idea di cosa fosse l'ONU, pensava genericamente a un'istituzione con
grandi poteri.
Ricordò di essere
stato portato in un ufficio a registrare il video; durante le riprese
gli fu chiesto di leggere una dichiarazione che conteneva delle
richieste compresa una che chiedeva al governo cinese di rilasciare
"i prigionieri politici".
Dopo aver finito di
registrare, il giovane lama andò a vivere gratuitamente in un
albergo di ottimo livello, in attesa di ordini.
Il 10 marzo, Gyatso
fu avvisato da un membro della "Federazione" che
l'autoimmolazione era cancellata perchè nelle strade c'erano troppi
poliziotti indiani che avrebbero potuto interrompere il gesto.
L'azione fu
posticipata alla fine di marzo, quando sarebbe stato tenuto in India
un importante incontro sui diritti umani. Prima del 25 marzo, Gyatso
fece una prova sul posto.
Prima che la prova
iniziasse, il ragazzo non aveva assolutamente idea riguardo al tipo
di benzina da usare ne a come comportarsi. Lhamo Ja aveva redatto
diversi schemi per lui e gli spiegò i dettagli specifici, come
vestirsi, dove mettere la benzina e come darsi fuoco. In una parola,
si erano scervellati per il successo dell'autoimmolazione.
Gyatso fu scioccato
dai loro schemi dettagliati, gli sembrò che non stessero parlando di
autoimmolazione, ma di un atto ordinario e quello che stavano per
bruciare non era un corpo umano, ma stracci di vecchi vestiti.
Ma il giovane
sapeva di aver preso un sentiero senza via d'uscita; che era troppo
tardi per tornare indietro e che avrebbe subito ritorsioni se avesse
rinunciato. Quindi le sue preoccupazioni crescevano via via che si
avvicinava al 25 marzo. In seguito, ricevette un messaggio che diceva
che l'autoimmolazione era rimandata ancora una volta perchè un
leader americano era in visita in India.
Lhamo Ja
disse:"Abbiamo deciso di cancellare l'autoimmolazione perchè
gli Stati Uniti ci hanno dato un grande aiuto e non dobbiamo creargli
nessun tipo di problema. Ma ti posso assicurare che avrai
l'opportunità di contribuire alla causa dell'indipendenza. Ti prego
di aspettare le mie prossime informazioni per un piano ancora più
grande".
In questo modo,
Gyatso fu libero ancora una volta dalla morte. I due piani falliti di
autoimmolazione erano prove prima che fosse mandato in Tibet.
Da giovane monaco
che voleva imparare le sacre scritture, a essere coinvolto nella
propaganda per "l'indipendenza del Tibet, partecipando a
scioperi della fame a pagamento, a essere un potenziale
autoimmolatore. Gyatso era ignorante, non aveva il tempo, la
consapevolezza di pensare alle profonde conseguenze e ragioni che
erano nascoste dietro a quello che gli stava accadendo.
La sua mente
semplice e i suoi impulsi sono diventati la debolezza sfruttata
dall'organizzazione per "l'indipendenza del Tibet". Come
altri giovani tibetani, Gyatso era un entusiasta e devoto ragazzo che
non aveva ancora maturato una visione autonoma del mondo.
Essendo nato in
un'area remota, era facile trapiantargli un'altra visione prima che
potesse distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Tutto questo ha causato la tragedia della sua vita.
L'organizzazione
per "l'indipendenza del Tibet" avrebbe lasciato stare
Gyatso dopo il fallimento di due tentativi o avrebbe prodotto una
cospirazione ancora più grande?
http://english.cntv.cn/20130123/102379.shtml
Fermato in tempo
Fermato in tempo
Dopo aver fallito
due autoimmolazioni, Gyatso si calmò gradualmente e sviluppò una
paura per il suo futuro. Tuttavia non era ancora riuscito ad uscire
dalla follia che lo aveva trasformato da giovane lama a fanatico
suicida che sognava di "sacrificare se stesso alla religione".
Pochi giorni dopo i
due piani falliti, Lhamo Ja incontrò nuovamente Gyatso e gli disse
che gli portava buone notizie, dicendogli che aveva ricevuto
istruzioni di Ala Jigme, un alto funzionario del "Dusum Legong"
(o il dipartimento di sicurezza del "governo tibetano in
esilio"), di mandarlo in Tibet ad autoimmolarsi, così da creare
maggiore influenza.
Dopo aver sentito
quelle parole, Gyatso esitò ed era riluttante di tornare in Tibet
dato che aveva infronto la legge per andare in India e non sapeva
cosa gli sarebbe accaduto se fosse stato arrestato.
Lhamo Ja era un po'
arrabbiato dall'atteggiamento. Comunque, invitò alcune personalità
ad incoraggiare il giovane.
Una notte, Gyatso
fu ricevuto da Kalon Pema, un alto funzionario del "Dusum
Legong". Da quando era in India, era la prima volta che
incontrava una personalità così importante.
A quei tempi il
giovane lama era confuso e finalmente incontrò qualcuno che era
determinato a sacrificarsi per sei milioni di tibetani.
Kalon Pema disse a
Gyatso: "Sei stato scelto per autoimmolarti a Lhasa, una città
sotto il controllo del governo centrale cinese. Quindi sarà
responsabilità della Cina spiegare la tua lotta per "la causa
dell'indipendenza". In questo modo avremo un'attenzione
universale e il supporto della comunità internazionale. Tu
diventerai un eroe e sarai ammirato dal popolo tibetano".
Kalon Pema disse
inoltre che, i familiari o amici che avrebbero spedito in India le
registrazioni e le fotografie della sua autoimmolazione, avrebbero
avuto un trattamento preferenziale e sarebbero potuti venire
all'estero per migliorare le loro condizioni di vita.
"Comunque, se
sarai arrestato, non dire niente riguardo a noi o metterai in cattiva
luce il governo tibetano in esilio. E non tornare indietro se non
riesci a portare a termine la tua missione", disse Kalon Pema.
Gyatso si sentì
molto arrabbiato per quello che gli era stato detto, perchè nella
sua mente si stava sacrificando per "l'indipendenza del Tibet".
Come poteva portare in cattiva luce il "governo Tibetano in
esilio"?
Comunque restava
dell'idea che il Dalai Lama lo appoggiasse, quindi il "governo
tibetano in esilio" non lo avrebbe abbandonato. Per questo
motivo obbedì all'ordine.
In linea con quanto
detto nel meeting con l'alto funzionario, Gyatsto fu mandato in
Nepal.
Lì ricevette circa
8000 dollari per rientrare in Tibet sotto falso nome.
Andò a Lhasa con
un uomo, chiamato Thubten, che fu designato dal "Dusum Legong"
per fotografare la scena dell'autoimmolazione di Gyatso.
Comunque,
nonostante la scrupolosa preparazione, i due furono arrestati prima
di arrivare a Lhasa. Il ragazzo fu portato alla stazione di polizia,
era estremamente nervoso e non aveva con se nessun documento.
Che tipo di
sanzione affronterà dopo essere l'arresto? Thubten sarà affidato
alla giustizia? Gyatso, il giovane lama che aveva vagato tra la vita
e la morte, non fu ne il primo nell'ultimo fanatico fuorviato i cui
impulsi irrazionali erano controllati da determinate persone per
determinati fini.
La domanda di come
evitare ai giovani simili tragedie resta senza risposta.
Traduzione dall'inglese a cura di Andrea Parti
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